In Italia si è rotto il collegamento tra la nazione e i suoi (pseudo)rappresentanti in Parlamento.
“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (art. 49 Cost.).
Perché, per la Costituzione repubblicana sono i cittadini, che attraverso i partiti e le regole democratiche della rappresentanza, determinano la “politica nazionale” attraverso gli organi istituzionali a ciò preposti.
L’organo istituzionale “principe” di rappresentanza dei cittadini (che deve rappresentare i loro umori, i loro interessi, i loro orientamenti), nella nostra democrazia, è il Parlamento; Il Parlamento, per mezzo di ciascun suo membro, deve rappresentare la Nazione.
Per rappresentare la nazione, l’art. 67 della Cost. stabilisce che “ogni membro del Parlamento … esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
Per Salvatore Settis “questo significa senza obbligo di ubbidienza verso il partito, ma con piena libertà di giudizio e responsabilità personale” (Costituzione! Perché attuarla è meglio che cambiarla, pag. 9).
Ma la verità è che, il sistema elettorale italiano, con il cd. “porcellum” del 2005, è stato fatto dalla “casta” per autoperpetuarsi, per mantenersi al potere in “barba” alla volontà popolare.
Si interrotto il “vincolo morale” tra cittadino elettore e rappresentante eletto. Ci si è spostati dal rapporto dei cittadini con i propri rappresentanti in parlamento ad un rapporto perverso dei cittadini con entità/partito lontani dalla comunità di persane.
Questi partiti tutti, pressoché uguali nei loro programmi teorici enunciati, gestiscono le istituzioni ma senza alcun punto di contatto con la popolazione; causando la disaffezione diffusa sia verso le “istituzioni” che verso lo strumento elettorale.
Il cittadino non ha la possibilità di scegliere alcunché; sono tutti uguali, tutti lontani, tutti arroccati al “potere”. Tutti preoccupati di mantenere il potere.
Per mantenere il potere, sia il governo di centro destra che il governo Renzi si sono preoccupati di stravolgere alcuni principi costituzionali.
Come scrive la Corte Costituzionale nella sentenza che dichiara la incostituzionalità dei punti rilevanti del “porcellum” (sent. 04.12.2013), quella legge elettorale “determina una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica, lesiva della stessa eguaglianza del voto”; il “voto di lista” bloccato viola il diritto al mandato che deve essere conferito direttamente dagli elettori e “contraddice il principio costituzionale secondo cui il voto deve essere “personale ed eguale, libero e segreto”.
E’ molto grave e sintomatico dell’inceppamento dei meccanismi democratici che, nonostante la predetta Sentenza Costituzionale, nessun Presidente della Repubblica ha pensato mai che sarebbe stato opportuno mandare a casa dei “nominati” che formano un Parlamento “incostituzionale”, quindi illegittimo e, in particolare, non rappresentativo.
Ma parlamentari e governi hanno stretto – sulla testa dei cittadini – un “abbraccio perverso”; parlamentari e governanti protesi solo alla conservazione di privilegi e guadagni; sordi a qualsiasi grido di dolore e protesta proveniente dalla popolazione ormai resa “inerme”.
Una classe politica di “professionisti della politica” che, come ulteriore strumento per perpetuarsi, non intende disciplinare l’organizzazione democratica interna dei partiti come vorrebbe l’art. 49 della costituzione.
In Italia si è rotto – già da decenni – il collegamento tra cittadini e loro rappresentanti nella determinazione della Politica Nazionale (art. 49 cost.)!
In questo contesto; in questo “vicolo cieco” in cui come cittadini ci siamo venuti a trovare, va visto molto positivamente il tentativo del M5Stelle di rendere la politica una missione e non una professione perpetua di cialtroni ed individui senza lavoro.
Inopinatamente e con mala fede l’elevato consenso popolare verso il M5Stelle, invece di essere valutato nella sua reale portata di totale sfiducia e dissenso verso politici e partiti tradizionali, viene definito, con espressione insignificante e vagamente dispregiativa, come deriva populista o, semplicemente, “populismo”.
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